Il Desiderio

Dodicesima lezione di Marketing, a cura del professor Corrado Corradini, docente presso l’Accademia LABA

Molto spesso non ce ne rendiamo conto, ma quando prendiamo delle decisioni; quando scegliamo di acquistare questo o quel prodotto, siamo influenzati. La più grande di queste influenze deriva dalle convenzioni sociali. Esse ci spingono verso una direzione, che noi lo vogliamo o meno, e ci obbligano a seguirla. Siamo influenzati fin da bambini: i genitori ci dicono cosa è meglio mangiare, le pubblicità ci dicono cosa comprare, a scuola ci insegnano la differenza tra il bene e il male. La nostra libertà è limitata, e questi confini sono definiti dalla società in cui viviamo, dalla nostra cultura.

Da che cosa nasce il desiderio? Nel campo del marketing (essendo una disciplina che ha lo scopo di vendere un prodotto/servizio per ottenere un guadagno) bisogna essere in grado di sfruttare le informazioni sulle convenzioni sociali in nostro favore, per fare in modo di rendere il nostro prodotto desiderabile dal target al quale ci stiamo rivolgendo. Se siamo in grado di far nascere il desiderio, si innesca un processo mentale nel quale, partendo da una pulsione (che porterà ad interessarsi al prodotto), si concluderà con l’acquisto. Nel seguente schema possiamo vedere tutte le fasi di questo processo.

processo_mentale

Quindi se riusciamo nel nostro intento, alla fine porteremo un sentimento positivo come il godimento al nostro target; altrimenti, le sensazioni che risveglieremo saranno negative, come la noia e l’indifferenza.

Non sempre però il desiderio all’acquisto può essere appagato immediatamente, ci sono vari fattori che entrano in gioco, come ad esempio la disponibilità economica di chi vuole comprare, o altri fattori esterni. Il lavoro del marketing si può dire completamente riuscito quando nonostante le difficoltà, viene fatto di tutto per ottenere il prodotto, per esempio nel caso della mancanza di denaro intervenire con azioni di found raising (chiedere un prestito, approfittare di festività/compleanno per ricevere soldi ecc…).


Con questo si conclude la dodicesima ed ultima lezione di marketing!

Pubblicità

Brand Management: Gestire il Brand

Undicesima lezione di Marketing, a cura del professor Corrado Corradini, docente presso l’Accademia LABA

Cos’è il Brand? Brand in italiano può essere tradotto con il termine marca. Esso è il simbolo, testuale o grafico, che rappresenta il nome dell’azienda o prodotto e lo identifica. È il capitale intangibile (perché è un concetto) più prezioso dell’azienda e per questo deve essere gestito nel miglior modo possibile.

BRAND MANAGEMENT Il Brand management consiste nella messa in pratica delle teorie del marketing strategico che riguardano la marca, indifferentemente dal fatto che sia riferito ad un marchio istituzionale oppure ad un prodotto. Lo scopo delle azioni svolte nella gestione del Brand è quello di aumentare il suo valore (grado di attrattività) presso chi lo precepisce. Questo viene definito POSIZIONAMENTO.

Con una gestione corretta del Brand l’azienda è in grado di aumentare le vendite, e a sua volta di far crescere il valore del marchio (Brand Equity). Un pessimo studio di posizionamento, invece, porta ad un calo nelle vendite e all’abbassamento dell’attrattività.

Nel seguente schema è evidenziato il flusso della valorizzazione del Brand.

BrandManagement-02Tutto parte dal posizionamento, se questa parte viene fatta male porterà ad avere un flusso negativo. Successivamente troviamo la reputazione, generata tramite media/web (mezzi impersonali) e attraverso dei giudizi monitorati grazie ai feedback. Questo porta ad avere degli influencer (personali), essi sono delle persone influenti, che parlando del Brand ne amplificano la sua forza sia in positivo che in negativo (vengono considerati comunque all’interno dei media). Gli infuencer parlano, l’audience scolta, accetta e recepisce il messaggio; viene appunto influenzata. Successivamente si crea il target identitario, che ha ormai deciso se essere pro o contro il Brand. Nel caso il target sia pro-Brand questo lo porterà ad avere l’impulso all’acquisto, e il flusso si conclude con l’aumento del valore del Brand.

Si ha un flusso negativo nel caso in cui il target è contro-Brand, e quindi il prodotto non vende.


Per arrivare alla scelta di un Brand di successo bisogna far si che esso abbia determinate caratteristiche. Esso deve essere:

  • Pronunciabile
  • Facile da ricordare
  • Riconoscibile
  • Traducibile
  • Attraente
  • Suggerire caratteristiche e benefici
  • Ricondurre all’immagine dell’azienda madre
  • Distinguersi nel posizionamento rispetto alla concorrenza
  • Facilmente registrabile

TIPOLOGIE DI BRAND

  1. In base al portafoglio prodotti
  2. In base all’identificazione con l’azienda
  3. Tipologie differenziate

1–Portafoglio Prodotti

  • MonoProdotto – evoca atmosfere funzionali al prodotto.
  • PluriProdotto – in questo caso è la situazione emotiva a fare da trade union, si crea il Family Brand.

2–Identificazione con l’Azienda

  • Stesso marchio – nel caso venga usato lo stesso marchio per azienda e prodotto viene definito Corporate Brand.
  • Marchi differenti – quando il marchio non si identifica con l’azienda viene chiamato Furtive Brand.

3–Tipologie differenziate: esse vengono definite anche come ibride, in quanto sono un mix tra Brand di prodotto e Brand aziendali.

  • Brand Incorporati – vengono usati quando il Corporate Brand è trainante (nome prodotto/azienda).
  • Brand Individuali – ogni prodotto ha un nome distintivo che non richiama ne alla famiglia ne all’azienda madre.

Un’ultima definizione viene fatta in base alla tipologia dell’appeal che viene applicata al brand:

  • Appeal sensuale –Suscita emozioni velocemente, stimolando la sfera dei cinque sensi.
  • Appeal razionale – mette in evidenza le caratteristiche del prodotto.
  • Appeal emotivo – stimola l’emotività della persona per sviluppare identificazione.

Temples

Decima lezione di Marketing, a cura del professor Corrado Corradini, docente presso l’Accademia LABA

Il termine Temples è innanzitutto un acronimo:

Tecnology – Economy – Markets – Politic – Law – Environment – Society

Esso definisce uno strumento strategico, che permette di fare un’analisi esterna, in grado di definire la situazione del mercato, e capire se è in crescita o in declino. Grazie alla combinazione del Temples e le altre matrici di analisi trattate, l’azienda è in grado di definire un’analisi strategica completa.

Tecnology – Si devono tenere in considerazione diversi fattori, dal livello tecnologico dell’area in cui si lavora, ma anche degli aspetti ambientali, ecologici ed innovativi. L’insieme di questi determina:

  • le barriere d’ingresso (il prodotto non è soddisfacente)
  • minima efficacia a livello di produzione (quando il prodotto costa troppo)
  • influenza delle decisioni di outsearching (portare o meno l’azienda in altri paesi)

Economy – Analizza i fattori economici che determinano l’entrata o l’uscita dell’azienda dal mercato. Essi sono molto influenti sul modo in cui operano le imprese e come prendono decisioni.

  • crescita economica
  • tassi d’intresse
  • tassi di cambio
  • tassi di inflazione

Markets – Definisce quali sono i mercati più interessanti per l’azienda e quali sono i fattori che determinano questo interesse. Anche questi sono molto influenti sul modo in cui operano le imprese e come prendono decisioni.

  • crescita economica
  • crescita demografica
  • potere d’acquisto della popolazione
  • diffusione della tecnologia

Politic – Si riferisce a ciò che fa il governo per favorire l’economia.

  • politica fiscale
  • diritto ambientale
  • restrizioni commerciali
  • tariffe
  • stabilità politica

Law – Analizza le leggi. Quali di esse ci governano? Quali facilitano o penalizzano il lavoro? Vista la complessità della legge italiana, questa parte di analisi è molto difficile da realizzare.

  • camere di commercio
  • possibilità di recupero crediti
  • leggi che regolano le transazioni bancarie
  • velocità delle sentenze
  • leggi emanate in tempo reale su problemi importanti (ovviamente più il governo è veloce nel proporre soluzioni, meglio funzionerà l’economia)
  • semplicità legislativa (le leggi sono chiare e comprensibili?)

Environment – Riguarda i fattori ambientale che interessano l’azienda.

  • meteorologia
  • clima
  • cambiamenti climatici e ambientali

Society – Riguarda i fattori sociali, culturali e di coscienza:

  • salute
  • tasso di crescita della popolazione
  • distribuzione per età
  • carriera

La matrice SWOT

Nona lezione di Marketing, a cura del professor Corrado Corradini, docente presso l’Accademia LABA

Come già introdotto nel post della settima lezione, la SWOT è una matrice di analisi dei dati (di fattori sia interni, sia esterni all’azienda) riguardo a quattro punti fondamentali:

  • Forze – ovvero l’energia dell’azienda, i suoi punti di forza.
  • Debolezze – devono essere contrastate per eliminare le minacce.
  • Opportunità – è il campo dove si rivolgono i punti di forza.
  • Minacce – è l’insieme dei fattori che potrebbero danneggiare l’azienda, per questo devono essere contrastati.

Matrice_SWOTQuesta matrice funziona guardando al presente dell’azienda, deve essere aggiornata in continuazione per essere veramente efficace. Infatti la parte delle minacce è composta da dati dinamici, ovvero che continuano a cambiare; anche nel momento in cui una di esse viene contrastata, in quanto viene subito sostituita da un’altra.

La SWOT permette inoltre di definire il CFS (Critical Factor Success), il Fattore Critico di Successo. Esso è un elemento necessario ad un’organizzazione o ad un progetto per realizzare la sua missione. Deve superare una certa soglia, in modo da ottenere anche un guadagno, il CFS lavora in simbiosi con la curva di valore. La situazione ottimale avviene se il CFS viene mantenuto il più basso possibile, e per rendere questo possibile ci sono una serie di fattori da tenere in considerazione. Ad esempio relativi al denaro (flusso di cassa positivo, crescita dei ricavi e dei margini di profitto), alla soddisfazione del cliente (quanto è soddisfatto?), allo sviluppo del prodotto (posso cambiare qualcosa per attirare nuovi clienti?), e così via.

Ulteriore esempio di matrice di analisi è la matrice Ansoff, che agisce tenendo conto della SWOT.

Matrice_Ansoff

La curva di valore

Ottava lezione di Marketing, a cura del professor Corrado Corradini, docente presso l’Accademia LABA

La curva di valore rappresenta l’attrattività di un prodotto, relazionata a quanto essa si mantiene alta nel tempo. Essa viene determinata dal desiderio, che spinge all’azione, per questo l’attrattività deve essere mantenuta sempre alta e quindi il prodotto deve essere continuamente rinnovato. Per ottenere una buona curva di valore occorre inoltre definire i valori di attrattività in base all’area socio-culturale-mercato, e definire gli ostacoli riscontrati nell’area socio-culturale-mercato.

Nella nostra società siamo stati abituati a consumare, abbiamo bisogno che i prodotti che noi possediamo siano continuamente svecchiati e rinnovati (in particolare alcune tipologie di prodotto), essi quindi non sono fatti per durare nel tempo.

Prendiamo ad esempio un’ipotetica curva di valore di iPhone:

CurvadiValoreIn questo caso dopo l’uscita del modello iPhone 5, al momento della perdita di interesse, il rinnovo è avvenuto con la realizzazione del nuovo modello iPhone 6, che ha permesso di riattivare l’attrattività del prodotto e mantenere costanti i guadagni dell’azienda.


Esistono delle matrici di analisi del mercato, che aiutano l’azienda nell’identificazione della sua Area Strategica di affari (anche detta Business Strategic Unite – SBU):

  • matrice Boston Consulting Group
  • matrice General Electric

Mentre per l’identificazione delle strategie di sviluppo:

  • matrice Ansoff

MATRICE BOSTON CONSULTING GROUP

Questa matrice mette in relazione la quota di mercato relativa (quanto è grande la fetta di mercato dell’azienda) e il tasso di crescita del mercato. In sostanza lo schema (vedi immagine allegata) si divide in quattro settori:

  • Question Marks – riferito ad aziende con una piccola fetta di mercato ma che si trova in un mercato in crescita.
  • Star – nel caso di aziende mature e con grandi prospettive di crescita; grazie a una buona strategia sarà in grado di sfruttare al meglio le opportunità.
  • Dog – si tratta di aziende con una piccola fetta di mercato e in un settore con poche possibilità di crescita; le sitazioni in questo caso non sono rosee, se non avviene una svolta a livello di innovazione, resta solo l’abbandono.
  • Cash Cow – in esso si trovano le aziende mature ma con scarse prospettive di crescita; dovranno quindi difendersi con una continua innovazione.

BostonConsulting

MATRICE GENERAL ELECTRIC

Essa risulta più complessa rispetto alla Boston Consulting Group, infatti è realizzata con variabili aggregate, e divide la competitività e l’attrattività in tre tipologie: alta, media, bassa (vedi immagine allegata).

MATRICE-GE

La Strategia

Settima lezione di Marketing, a cura del professor Corrado Corradini, docente presso l’Accademia LABA

Con il termine strategia si intende il modello dei comportamenti tra il teorico e il pratico, che servono all’azienda per prosperare e definire i propri ambiti di azione. Essa è fondamentale, comprende tutte le azioni che vengono svolte per raggiungere gli obiettivi prestabiliti.

Per elaborare una strategia efficace si devono tenere in considerazione ma soprattutto analizzare i diversi aspetti relativi al mercato e alla posizione dell’azienda in esso. Sono tre i punti fondamentali per analizzare nello scenario dell’azienda (e quindi il suo grado di attrattività e competitività):

  • Definizione del potenziale del mercato – si colloca tra lo sviluppo/ricerca e l’uscita sul mercato del prodotto (vedi schema lezione 2), e viene fatto il relazione al mercato stesso.

  • Definizione del posizionamento dell’azienda – si riferisce all’immagine che si crea nella mente di chi entra in contatto con il brand, viene analizzato in modo da capire se esso è amato o meno dal pubblico.

  • Analisi e definizione dei competitors – Essi possono essere diretti e indiretti.

Parallelamente vengono analizzati gli obiettivi e le missioni attuali dell’azienda, e attraverso tutti i dati raccolti si può arrivare all’elaborazione della strategia. Come supporto per la definizione della strategia può essere usata la matrice SWOT (Strengths/Weaknesses/Opportunities/Threats), acronimo che tradotto in italiano significa Forza/Debolezza/Opportunità/Minacce. Questa matrice è utile nell’analisi dei dati e viene applicata sia in relazione ai fattori esterni (competitors, mercato), sia a quelli interni (forze, debolezze). Se l’azienda riesce a gestire bene le informazioni può riuscire a cogliere le opportunità del mercato per trasformarle in una forza, ma al contempo se le debolezze non vengono monitorate e tenute sotto controllo possono diventare minacce.

Il Marketing Mix

Sesta lezione di Marketing, a cura del professor Corrado Corradini, docente presso l’Accademia LABA

Per riassumere l’argomento svolto nella scorsa lezione possiamo fare degli esempi relativi ad aziende reali, delle diverse tipologie di posizionamento:

  • sulla produzione – Alessi
  • sul prodotto – Apple/Benetton
  • sulle vendite – Coca Cola
  • sul marketing – Google/Facebook

Quindi le quattro P di Posizionamento servono per definire l’orientamento dell’azienda, mentre il marketing mix entra in gioco subito dopo. Esso infatti viene utilizzato da tutte le aziende, indipendentemente dal loro orientamento. Il marketing mix si riferisce a tutte le azioni che l’azienda svolge sul mercato ed è anch’esso suddiviso in quattro P:

  1. Prodotto (Product)
  2. Prezzo (Price)
  3. Promozione (Promotion)
  4. Posto (Place)

PRODOTTO: è l’oggetto tangibile, quello che viene offerto dall’azienda. Esso deve essere realizzato tenendo conto della domanda del mercato, e deve essere realizzato pensando ai futuri acquirenti. Erroneamente lo si potrebbe vedere come un qualcosa di semplice, ma ogni prodotto nasce da un processo abbastanza complesso. Alcuni dei fattori più importanti possono essere: progettazione, durata, innovazione, compatibilità ecologica, compatibilità tecnologica, confezione/imballaggio, grado di personalizzazione, aggiornabilità (nel caso dei software), quantità, sicurezza e facilità d’uso. Sono davvero molti i fattori che entrano in atto nella realizzazione di un prodotto.

PREZZO: il secondo passo importante, nel momento in cui si ha il prodotto è quello della determinazione del prezzo di vendita. Bisogna sottolineare che non è un’impresa semplice, ma se fatto in modo corretto può portare profitti nel beve termine. Il prezzo viene deciso tenendo presenti molti fattori, come i costi di produzione e la concorrenza presente sul mercato. Ci sono molte opzioni di scontistica che possono essere adottate per abbassare il prezzo e rendere il prodotto più competitivo (offerte speciali, saldi, sconti per volume d’acquisto…). Esiste inoltre il cosiddetto premium price (premio sul prezzo) che si riferisce alla percezione che il cliente ha del prezzo. Questo fattore entra in moto quando chi compra si sente gratificato dall’acquisto indipendentemente da quanto lo ha pagato, perché è stato preso in considerazione il valore intrinseco del prodotto, quindi il prezzo passa in secondo piano.

PROMOZIONE: il primo canale per la promozione di qualsiasi prodotto e il più basico di tutti è il passaparola. Ma oltre ad esso esistono tre grandi tipologie di promozione.

  • Promozione personale – in pratica è la vendita diretta, ed offre diversi vantaggi, soprattutto perché avviene faccia a faccia tra il cliente e del personale preparato, quindi possono essere fatte delle domande, il messaggio è personalizzabile in base ai diversi acquirenti, l’addetto alla vendita è in grado di risolvere eventuali obiezioni vista la grande conoscenza del prodotto, possono essere fatte delle trattazioni riguardo a prezzo/consegna/esigenze particolari, e infine con questa tipologia di vendita si stabilisce un rapporto col cliente che potrà essere coltivato e reso più solido (customer relationship management).
  • Promozione impersonale – essa si riferisce al mondo della pubblicità, dai classici cartelloni o inserti di giornali ai più moderni banner che si trovano su internet e alle campagne via email. Essa può essere considerata come un investimento, più che come un costo, e questo la rende utile solo se è redditizia. Per esserlo deve rispondere ad alcune domande (A chi è rivolta? Qual’è il suo scopo? Cosa devo comunicare? Come lo comunico?) e soprattutto deve essere monitorata in modo da vedere se gli esiti sono positivi o meno. Pensando alla pubblicità dei giorni nostri, specie quella online, risulta più che attuale la citazione di John Wanamaker (imprenditore e politico statunitense):

    La metà dei soldi che spendo in pubblicità è sprecata. Il problema è che non so quale metà

  • Promozione alle vendite – in pratica sono campagne pubblicitarie speciali, che spingono i clienti (anche quelli della concorrenza) a comprare il prodotto in quantità maggiori oppure a consumarlo più in fretta. Questo aiuta anche ad aumentare la produttività del personale dell’azienda stessa. Alcuni esempi di produzione alle vendite sono gli sconti sul prezzo, il “prendi due paghi uno” e i buoni da utlizzare su spese future.

POSTO: esso rappresenta il canale con il quale viene distribuito il prodotto dell’azienda. Esso dovrà essere scelto in modo da permettere di avere il maggior numero possibile di vendite, per questo esso varia al variare dei prodotti. Ad oggi sono moltissimi i canali di distribuzione: negozio, grandi magazzini, vendita porta a porta, vendita tramite internet. E compito del marketing mix analizzare i vari fattori in modo da scegliere il canale (o i canali) più adatti alla distribuzione del prodotto.

Il Posizionamento

Quinta lezione di Marketing, a cura del professor Corrado Corradini, docente presso l’Accademia LABA

Esistono due diverse categorie di definizione:

  1. le quattro P di Posizionamento
  2. le quattro P del marketing mix (Product, Price, Promotion, Place).

Per posizionamento si intende il come l’azienda viene percepita dagli altri, l’immagine che si crea nella mente di chi entra in contatto con essa.

Posizionamento sulla Produzione – In questo caso l’azienda non si presenta al grande pubblico, ma solamente agli stakeholders, ovvero i portatori di interesse, come ad esempio i clienti. É il caso di aziende con grandi livelli produttivi e che agiscono secondo il metodo Business to Business. In passato quasi tutte le aziende erano posizionate a livello produttivo, per non essere declassate dovevano riuscire a produrre tanto. Col tempo però molte di esse sono andate in fallimento, le sopravvissute sono quelle che hanno saputo adattarsi e a creare un processo di innovazione tecnologica continua. Nel caso di questa tipologia di posizionamento il ciclo di produzione è basato su sul modello PDCA (Plan – Do – Check – Act), in modo da ottenere un ottimizzazione del ciclo stesso, questo permette un’ampia riduzione dei costi e la possibilità di avere produzioni sempre più ampie.

Posizionamento sul Prodotto – Esso si basa sulla customer satisfaction, la soddisfazione del cliente. In questo caso il prodotto viene curato in modo quasi maniacale a livello di funzionalità, estetica, qualità, durata e piacevolezza complessiva. Si differenziano da quelle di produzione perché hanno un’attenzione maggiore al prodotto, orientata verso i futuri acquirenti, comunque in molti casi questo processo manca di una comunicazione efficace sul brand. È il caso di Alessi, che fa un grandissimo sforzo produttivo ma si parla di essa grazie ai prodotti ma non c’è una grande diffusione del brand.

Posizionamento alle Vendite – È lo step successivo, mantiene una forte attenzione sul prodotto e sulla customer satisfaction ma si posiziona sul reparto delle vendite. Questo avviene grazie a diversi fattori, come l’avere dei punti vendita specializzati nella vendita dei prodotti, alla presenza di agenti adeguatamente formati per presentarli e al fatto di mantenere una continua innovazione sulla gamma dei prodotti.

Posizionamento sul Marketing – Questo tipo di posizionamento viene attuato da tutte le aziende in cui la produzione è delegata ad altri. Esse investono sui settori di sviluppo e ricerca a livello di mercato, in modo da comprendere quali sono le sue esigenze. Inoltre si affidano ad una rete vendite già forte e che sa come comunicare direttamente con il grande pubblico (Apple, CocaCola, Nike…). Le aziende posizionate sul marketing hanno un centro di holding che le supporta nei momenti di crisi, trovando finanziamenti per la crescita dei progetti.

Orientamento al Posizionamento – Esso si concentra sulla diffusione del brand, anche definito come brand awareness.

Holding: in poche parole è una società che possiede quote o azioni di altre società. Un esempio di holding è la Unilever, che possiede molti marchi di diversi settori (alimentare, bevande, igiene e pulizia della casa).

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Alcuni esempi di holding e dei brand che contengono.

Curiosità: Chi ha coniato il termine Algida? Il termine è preso dal latino “algida” (plurale di “algidus”) che significa freddo/gelido.

La Mission

Quarta lezione di Marketing, a cura del professor Corrado Corradini, docente presso l’Accademia LABA

La Mission, anche detta Missione Aziendale, si evidenzia nella dichiarazione della missione (mission statement). In poche parole è lo step successivo alla vision, e serve a determinare come questa verrà messa in pratica. Una volta dichiarato il manifesto, l’azienda lo mette in pratica.

La mission quindi definisce l’operatività dell’azienda, quali sono le modalità attuate sia interne sia esterne. Essa definisce le strategie per delineare il vantaggio competitivo (rispetto alle altre aziende), per mezzo di diverse tattiche:

  • di produzione
  • di prodotto
  • di vendita

Tattiche di produzione: in esse viene attuata un’economia di scala che prevede la gestione di costi fissi e variabili, per ottenere un prezzo in grado di sbaragliare la concorrenza. In pratica viene attuata solamente sui costi fissi, cercando di tenerli il più basso possibile (senza intaccare la qualità del prodotto), rendendo così il prezzo finale più conveniente, e con un buon guadagno.

Tattiche di prodotto: queste possono riguardare l’ambito di ricerca e sviluppo, per la creazione di nuovi prodotti. I soldi investiti in questo campo sono quelli derivati dal guadagno della produzione.

Tattiche di vendita: esse sono relative alle strategie pubblicitarie ed alla promozione sugli agenti. Anche in questo caso i soldi investiti sono quelli del guadagno in produzione.

La mission ha moltissimi compiti, tra i quali c’è quello di diffondere sia all’interno che all’esterno i valori dell’azienda, attraverso una comunicazione efficace. Inoltre essa cura i rapporti tra il management e le maestranze per ottenere una maggiore adesione ai valori aziendali. In poche parole essa è la guida pratica dell’azienda, in quanto essa sviluppa le varie strategie e determina il margine di redditività.

La mission controlla le varie fasi della vita del prodotto:

  1. sviluppo e ricerca (generare una possibilità di mercato)
  2. immissione sul mercato e suo pionierismo
  3. crescita
  4. maturità
  5. declino (che può essere un’obsolescenza o naturale o programmata)

Obsolescenza naturale: il prodotto si consuma, è un qualcosa di inevitabile.

Obsolescenza programmata: il prodotto ha una vita ben definita, dopo un determinato tempo deve essere sostituito, che sia per soddisfare nuove esigenze tecnologiche oppure pratiche. In questo modo l’azienda riesce a mantenere un guadagno costante.

In ogni caso il prodotto non può e non deve durare.

Questo ciclo della vita viene definito in base ad elementi come la tendenza, il design, il feedback del mercato (uno dei punti chiave), i fondi per la pubblicità, il piano marketing e le variabili dipendenti dal mercato.

Quindi la mission si occupa di definire la strategia del prodotto, definendo le sue caratteristiche e la differenziazione, ovvero la forma, le caratteristiche, la durata, l’affidabilità ecc.

In più la mission ha il compito di controllare la produttività del reparto delle venite, partendo dal reclutamento degli agenti, passando per il loro addestramento e controllando la loro motivazione e valutando il loro operato.

La Vision

Terza lezione di Marketing, a cura del professor Corrado Corradini, docente presso l’Accademia LABA

La vision è un’altra parte del processo di MKTG, che insieme ad esso ha bisogno di evolversi, per rimanere al passo con il suo ambito storico, dove i valori sono in continuo mutamento. Basta pensare a come, fino circa a una decina di anni fa, era d’obbligo per i ragazzi al raggiungimento dei diciotto anni di arruolarsi nell’esercito per almeno un anno. Ad oggi invece si è spostato l’asse d’interesse, e le cose sono cambiate; la stessa cosa succede con i brand e quindi con i vari prodotti. L’azienda proietta il prodotto nel futuro, cambia il paradigma e viene definita una nuova vision.

Questo è un termine inglese che può essere tradotto in “visione”. Può essere di natura economica, sociale, ideologica o addirittura religiosa, ma il concetto non cambia. La vision viene definita attraverso dei punti, viene immaginata e pianificata. Si può fare un esempio di questo anche relativo alla scelta dell’Accademia, la risposta per molti è stata il lago: la nostra visione è stata influenzata dall’ambiente, da esso è stato elaborato un processo arrivato dal valore, la concezione del desiderio.

La visione è strategica, in quanto abbiamo bisogno di una strategia che porti a uno scenario nel mio futuro; arrivare al prodotto senza visione è impossibile. Essa si suddivide in tre:

  • Ideali – ciò che è condivisibile liberamente (la libertà, il partito politico…)
  • Valori – sono più considerati degli ideali e servono per motivare l’ultimo punto (amore, superiorità…)
  • Aspirazioni – “a che cosa miro?” ovvero tutto ciò che vorrei diventare, questo permette di fissare gli obiettivi e ne incentiva l’azione.

La vision viene usata sia da imprese, associazioni ed organizzazioni sia dai singoli individui. Per fare un esempio, in Trentino c’è bisogno si movimentare la vita giovanile (vision), quindi vengono create associazioni che promuovono eventi. Invece in un caso come il non sapere cosa fare alla fine della scuola denota una mancanza di vision.

Il Manifesto della Visione (anche detto Vision Statement) ha come obiettivo il rendere le persone orgogliose di farne parte. Più la vision è chiara, più risulta efficace la strategia che utilizzo per raggiungerla e realizzarla. Essa guarda sempre al futuro, non al passato, inoltre deve essere facile da memorizzare e fare riferimento a delle aspirazioni realistiche. Molte aziende perdono la capacità di relazionarsi con la propria vision, che esprime cosa fa l’azienda e come è posizionata. Generare una vision significa creare delle aspettative per coloro che entreranno in contatto con l’azienda stessa. Quando non si ha un pay-off chiaro non si parla più di vision ma di propensione.

La mia vision: Do what you love. Love what you do.